Mostre

Boldini, De Nittis et les italiens de Paris

Boldini, De Nittis et les italiens de Paris

Dopo il grande successo di pubblico e di critica registrato dalle mostre Ottocento in collezione. Dai Macchiaioli a Segantini (2018-2019), Divisionismo. La rivoluzione della luce (2019-2020, riallestita in formula Rewind 2020-2021), Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale (2021-2022) e Milano da Romantica a Scapigliata (2022-2023), l’associazione METS Percorsi d’Arte propone per la stagione 2023-2024 una nuova affascinante esposizione al Castello di Novara.

L’evento, dedicato ad alcuni degli artisti italiani più noti e amati dal grande pubblico, conosciuti internazionalmente come Les italiens de Paris, primi tra tutti il ferrarese Giovanni Boldini (1842-1931) e il barlettano Giuseppe de Nittis (1846-1884) è organizzato da METS Percorsi d’arte congiuntamente al Comune di Novara e alla Fondazione Castello, con il patrocinio e il contributo di Regione Piemonte e il patrocinio di Commissione Europea e Provincia di Novara. È realizzato grazie al sostegno di Banco BPM (Main sponsor), Esseco S.r.l., Fondazione CRT, De Agostini Editore S.p.A., Comoli Ferrari & C. S.p.A., Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte, Artekasa S.r.l., Mirato S.p.A. Si avvale inoltre della collaborazione di Ad Artem, Ente Turismo Terre dell’Alto Piemonte, Big/Ciaccio Arte, EnjoyMuseum S.r.l., e del supporto di Enrico Gallerie d’Arte e Gallerie Maspes Milano.

La curatela della rassegna è stata affidata anche quest’anno a Elisabetta Chiodini, storico dell’arte indipendente, studiosa di arti figurative e di storia del costume e della moda, esperta di arte italiana tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

Il percorso espositivo, articolato in otto sezioni, segue come di consueto l’andamento delle suggestive sale del Castello e si propone di illustrare, attraverso confronti dal ritmo serrato e stimolante, il lavoro dei pittori italiani di maggior successo attivi nella Parigi del secondo Ottocento e del primo Novecento. Le opere in mostra, provenienti da collezioni pubbliche e private, saranno circa una novantina.

Perché Parigi e perché gli italiani a Parigi?

Com’è noto, fin dai primi anni Venti dell’Ottocento la Francia aveva attratto numerosi artisti italiani da un lato desiderosi di confrontarsi con la cultura figurativa d’Oltralpe e dall’altro di ampliare il proprio mercato oltre confine. Tra questi il veronese Giuseppe Canella (1788-1847), uno dei primi a scegliere la Francia come patria d’elezione e tra i primissimi ad immergersi a dipingere dal vero nella fitta foresta di Fontainebleau e a proporre i propri lavori al Salon del 1827. Quattro degli otto dipinti esposti in quell’occasione furono acquistati dal Duca Luigi Filippo d’Orleans, il futuro sovrano, e oggi sono nelle collezioni del Musée Carnavalet.

Qualche anno più tardi, solo per fare qualche nome, sarà la volta di Gabriele Smargiassi (1798-1882), di Consalvo Carelli (1818-1900), considerato il paesista più à la page della società aristocratica del regno di Luigi Filippo, di Giuseppe Palizzi (1812-1888). Palizzi si affermerà come uno dei maggiori peintre animalièr, nel 1859 verrà insignito della prestigiosa Légion d’honneur e per tutti gli anni Sessanta sarà il punto di riferimento per molti degli artisti italiani che arriveranno a Parigi.

Con la nascita delle prime Esposizioni Universali, città come Londra (Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations, 1851) e Parigi (Exposition universelle des produits de l’agriculture, de l’industrie et des beaux-arts, 1855) attraggono milioni di visitatori da tutta Europa e diventano il centro nevralgico del mercato internazionale dell’arte contemporanea.

Diversamente dall’esposizione di Londra del 1851, nel 1855 Parigi dedica un intero padiglione anche alle Belle Arti. Ben 28 i paesi partecipanti e circa 5000 le opere esposte. Numeri decisamente importanti. Il padiglione, ricordano le cronache, è visitato da quasi un milione di persone. Semplici curiosi, amanti dell’arte, mercanti d’arte, collezionisti e i medesimi artisti. Artisti che hanno la possibilità di confrontarsi direttamente con quello che è considerato “il meglio” della cultura artistica contemporanea di altri Paesi e, al contempo, non solo di visitare i musei e conoscere gli antichi maestri, ma di avvicinarsi persino alle nuove poetiche, ai nuovi modi espressivi, compresi quelli considerati di scandalosa avanguardia, come quelli di Gustave Courbet (1819-1877). Quest’ultimo, vistosi rifiutare l’opera L’atelier del pittore dalla giuria dell’Esposizione, decide di erigere, a sue spese e proprio accanto ai padiglioni dell’Esposizione ufficiale, il Pavillon du Realisme per allestirvi la sua mostra personale, una mostra che segnerà il destino dell’evoluzione dell’arte europea.

L’ Exposition universelle successiva, quella del 1867, la prima strutturata interamente a padiglioni, confermerà Parigi, parafrasando Walter Benjamin, capitale del lusso e delle mode, del progresso e della civiltà. L’evento attirerà ben oltre quindici milioni di visitatori, tra i quali anche moltissimi dei nostri artisti, pittori e scultori.

Va da sé, che nella capitale del lusso e delle mode, anche il mercato dell’arte non solo è florido ma è in continua e rapida crescita. Sarà proprio dagli anni Sessanta che intraprendenti mercanti d’arte contemporanea, francesi, inglesi, tedeschi, olandesi faranno a gara per assicurarsi le opere di giovani artisti promettenti riuscendo, spesso, a convincerli a stipulare contratti “in esclusiva”, diventandone i diretti intermediari con i compratori e il loro gusto estetico. Tra i mercanti di maggior fama spiccano i nomi di Adolphe Goupil, Friedrich Reitlinger, Thomas e William Agnew, Algernon Moses Marsden.

Una città piena di opportunità, insomma, nella quale numerosi artisti stranieri decideranno di fermarsi per sempre.

Le Sezioni

Sezione I

I pittori italiani alla conquista del mercato internazionale

Le prime due sale accolgono opere di artisti che lavorarono con successo per il mercato internazionale, influenzando anche quello italiano. Tra queste Un mercato a Costantinopoli (1874) di Alberto Pasini (1826-1899); La Maddalena (1875) di Domenico Morelli (1823-1901); Ritorno dal mercato (1877) di Alceste Campriani (1848-1933); Processione a Firenze (1878) di Telemaco Signorini, opera fino ad ora nota come Processione a Settignano e ascritta agli anni Ottanta e che grazie alle ricerche effettuate per questa mostra si è riusciti a ricollocare correttamente nel corpus delle opere del pittore toscano. Inoltre, due capolavori di Francesco Paolo Michetti (1851-1929), Processione del Corpus Domini a Chieti (1877) e La mattinata (1878), che documentano le festività religiose e il folklore abruzzesi.

Sezione II

De Nittis e Boldini tête- à- tête

Un tête-à-tête tra Giovanni Boldini e Giuseppe de Nittis, uomini e artisti diversissimi tra loro e che, tra l’altro, si detestavano amabilmente. Le due sale ospitano alcuni dei lavori di maggior successo dei due pittori, dipinti ad olio e pastelli che illustrano l’evoluzione della loro poetica e del loro linguaggio dai primi anni Settanta alla metà degli anni Ottanta.

Tra quelle di Giovanni Boldini troviamo una serie di dipinti dedicati a Berthe, modella e amante del pittore per circa dieci anni, come Berthe che esce per una passeggiata (1874), Berthe legge la dedica su un ventaglio (1878); figura, quella della giovane e bionda Berthe, che verrà sostituita in entrambi i ruoli dalla mora e sensuale Gabrielle de Rasty, moglie del conte Constantin de Rasty, con la quale Boldini avrà un’intesa relazione sentimentale fino alla fine degli anni Novanta. Inoltre, si può ammirare il famosissimo Gabrielle de Rasty sul divano, grande tela dipinta tra il 1878-1879. Ancora di Boldini la celeberrima Amazzone (1879 ca), ritratto dell’attrice Alice Regnault a cavallo, delle collezioni della GAM di Milano, e ancora Fanciulla con gatto nero (1885).

Tra le numerose opere di Giuseppe de Nittis è esposta La discesa dal Vesuvio (1872) dipinto esposto al Salon del 1873 insieme a I crateri del Vesuvio prima dell’eruzione del 1872; e ancora Sulle rive della Senna e Dans les blé, entrambi dipinti nel 1873, opera quest’ultima esposta al Salon del 1874 nonostante fosse già entrata nella collezione Oppenheim. La preziosa tavoletta è stata richiesta per un’importante esposizione che avrà luogo a marzo 2024 al Musée d’Orsay, e quindi lascerà le sale del Castello prima della conclusione della mostra, ma rimarrà presente sotto forma di immagine clonata” ad altissima definizione riprodotta in dimensioni reali. Troviamo esposti inoltre il famosissimo Al Bois de Boulogne (1873), dalle collezioni della Fondazione Enrico Piceni, Leontine in canotto (1874) e due pastelli grandi al vero, Signora in giardino (1882 ca) e Fiori d’autunno (1883-1884), tra le ultime opere eseguite da De Nittis scomparso improvvisamente nell’agosto del 1884 a soli trentotto anni.

Proprio a De Nittis Palazzo Reale dedicherà una mostra dal 24 febbraio al 30 giugno 2024, con la speciale partecipazione di METS Percorsi d’Arte, che contribuirà al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il celeberrimo Westminster di cui presto diremo. La relazione fra le due mostre rende possibile l’applicazione reciproca dell’ingresso a biglietto ridotto.

Sezione III

Antonio Mancini: realtà e visione tra Napoli e Parigi.

Antonio Mancini (1852-1930), appena diciannovenne, grazie all’amicizia con il conte Albert Cahen d’Anvers, inizia dal 1871 a inviare in Francia i propri lavori con l’intento di accendere l’interesse dei più importanti mercanti attivi in città, Friedrich Reitlinger e Adolphe Goupil, e inserirsi così nel mercato internazionale. La sala ospita alcuni dei capolavori assoluti da lui eseguiti tra Napoli e Parigi dal 1872 al 1878. Nove dipinti tra i quali Scolaro con Libri (1872), La lettura (1877), Bambina con fazzoletto giallo (1875) e i celeberrimi Il suonatore di violino (1877) e Scugnizzo con chitarra (1877).

Sezione IV

Zandomeneghi. Un “breve soggiorno” lungo una vita.

La quarta sezione illustra l’evoluzione della pittura di Federico Zandomenghi (1841-1917) dalla metà degli anni Settanta fino ai primi del Novecento. Giunto a Parigi nel 1874 a trentatré anni, per quello che avrebbe dovuto essere “un breve soggiorno di studio”, il pittore veneziano non se ne sarebbe più allontanato. Già nel 1875 frequenta gli artisti del Café de la Nouvelle Athènes in Place Pigalle, ritrovo di letterati, musicisti, critici e di quei giovani artisti indipendenti che, rifiutati al Salon nel 1874, avevano esposto i loro lavori nello studio del noto fotografo Nadar, pseudonimo di Gaspard-Félix Tournachon, gli Impressionisti. Frequentazioni che avrebbero cambiato per sempre la vita e l’arte di Federico Zandomeneghi. In mostra è esposto lo straordinario Ritratto di Diego Martelli (1879) presentato da Zandomeneghi alla quarta esposizione impressionista nel 1879, nella Collezione delle Gallerie degli Uffizi, opera ispirata al soggiorno parigino dell’amico critico Diego Martelli. Ammiriamo inoltre Le Moulin de la Galette (1878), dalla Collezione della Fondazione Enrico Piceni; Madre e figlia (1879), un dipinto capitale nella produzione dell’artista; lo straordinario Il violoncellista (1882 ca); il pastello Coppia al Caffè (1886 ca), dalla collezione della Fondazione Francesco Federico Cerruti. Inoltre, opere realizzate nei decenni successivi, quelli del grande successo di Zandomeneghi quali Colloquio al tavolino (1890-1893) e A teatro (1895-1900).

Sezione V

La vita cittadina. Parigi – Londra vis-à-vis

La quinta sezione mette a confronto alcune vedute urbane di Parigi e Londra, vere e proprie tranche de vie delle due popolatissime e vivaci metropoli ottocentesche, scene di moderna vita quotidiana.

Tra queste la famosa Place Clichy (1874) di Boldini, opera di collezione privata che raramente viene concessa in prestito; Flirtation (1874) di De Nittis, eseguito nel 1874 nel primo soggiorno londinese del pittore e venduto al collezionista newyorkese Alexander Turney Stewart insieme a Il ritorno dalle corse per ben 30.000 franchi complessivi. Di qualche anno più tardi, ammiriamo la monumentale Westminster (1878), tela eseguita da De Nittis per il banchiere Kaye Knowles, uno dei capolavori assoluti del pittore, un quadro dal taglio modernissimo che, grazie alle sue dimensioni, coinvolge lo spettatore che si sente anch’egli parte della scena. La tela lascerà le sale prima della fine dell’esposizione, poiché attesa a Palazzo Reale a Milano per la grande monografica su Giuseppe De Nittis, realizzata con la partecipazione di METS Percorsi d’Arte. L’opera resterà tuttavia presente al Castello di Novara in forma di immagine clonata ad altissima definizione riprodotta su tela in dimensioni reali.

La sezione si chiude con Place d’Anvers a Parigi (1880) di Zandomeneghi, dipinto universalmente riconosciuto come uno dei capolavori indiscussi dell’artista, oggi di proprietà della Galleria Ricci Oddi di Piacenza.

Sezione VI

Attimi rubati: l’universo privato

La mostra prosegue ospitando nella piccola sala della “cella” del castello un’accurata scelta di nudi e soggetti femminili colti in intimità, che riflettono profondamente il carattere, le differenti sensibilità e il diverso approccio dei rispettivi artisti al tema. Tra questi Giovane in déshabillé con specchio di Boldini (1879-1880); Nudo di schiena di De Nittis (1879 – 1880); Nudo coricato di Zandomeneghi (1896-1900).

Sezione VII

Vittorio Corcos e i primi passi nella Ville lumiere

Una sezione dedicata al pittore livornese Vittorio Matteo Corcos (1859-1933) il quale, giunto a Parigi appena ventunenne, nel 1880, si presenta a casa De Nittis “senza nemmeno un biglietto”, come lui stesso racconterà a Ugo Ojetti nel 1907. Conoscenza quella con De Nittis che gli permetterà di entrare in contatto non solo con gli artisti e i letterati che frequentavano il salotto del pittore barlettano, ma anche con Adolphe Goupil, con il quale, solo pochi mesi dopo, firmerà un importante contratto (1881-1896) che gli garantirà stabilità economica e successo. In sala alcune opere del suo breve ma fondamentale soggiorno parigino: tra esse La farfalla (1881); L’inglesina (1882), Ragazza in riva al Lago (1884) e il celeberrimo Le istitutrici ai campi Elisi (1892) delle collezioni di Palazzo Foresti di Carpi.

Sezione VIII

Il ritratto mondano

L’ultima sezione della mostra è dedicata ai “ritratti mondani” eseguiti da Giovanni Boldini e Vittorio Matteo Corcos; una tipologia di ritratto molto amata che renderà i pittori ricercatissimi tra i contemporanei e famosi quanto le più alte personalità fermate sulla tela dai loro straordinari pennelli. In mostra alcuni dei capolavori assoluti, olii e pastelli, del maestro ferrarese tra i quali i ritratti a pastello delle giovani sorelle cilene Concha y Subercaseaux, Ritratto della Signorina Emiliana Concha y Subercaseaux, il cosiddetto Pastello bianco (1888) e Ritratto di Elena Concha y Subercaseaux (1888); opere che per il taglio compositivo e il formato rappresentano una importante svolta nella produzione boldiniana e inaugurano una nuova fortunatissima stagione della ritrattistica del pittore. Possiamo ammirare il Ritratto di René Cole in abito da sera (1893), uno dei rari ritratti maschili eseguiti dal pittore; il Ritratto della Contessa Speranza (1899) colta mentre sta per indossare una cappa in pelliccia di lince sopra uno straordinario abito da sera ricamato con perline e jais; e ancora il Ritratto della signora Josefina de Alvear de Errázuriz (1913 ca), credibilmente l’ultimo dei vari ritratti eseguiti dal pittore alla discendente di un’importante famiglia argentina che a Buenos Aires, dopo 10 anni in Europa, avrebbe fatto ritorno nel 1917, nel sontuoso palazzo di famiglia Errázuriz-Alvear, oggi sede del Museo Nazionale di Arti Decorative di Buenos Aires.

Tra le opere di Corcos sono esposti il ritratto del soprano Lina Cavalieri (1902), e l’inedito Ritratto di Lia Silvia Goldmann Clerici (1912-1915).

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