Allo Studio Casoli di Filicudi una grande mostra su Lucio Fontana
Allo Studio Casoli di Filicudi una grande mostra su Lucio Fontana
Nel suggestivo borgo marinaro di Pecorini, sull’isola di Filicudi, c’è una preziosa galleria affacciata sul mare che ha fatto del rapporto con l’isola il centro delle proprie indagini. È lo Studio Casoli, che per l’estate 2023 presenta una mostra speciale, dedicata a Lucio Fontana (Rosario, 1899 – Comabbio, 1968) e alla sua “pre-visione” di un metaverso spaziale. Un’esposizione che si prospetta personale per il fondatore dello spazio, il mitico gallerista milanese Sergio Casoli, che ha fatto di Fontana “il suo artista” a cominciare dalla prima galleria, aperta nel 1985 a Milano in corso Monforte nel vecchio studio di Fontana. Da qui la decisione di creare questo omaggio in stretta collaborazione con la Fondazione Fontana, che patrocina le 35 opere qui esposte.
Lo Studio Casoli di Pecorini a Filicudi
È a partire dalla bellezza dell’isola delle Eolie che è nata l’idea di Casoli, che, storicamente legato a questo luogo dell’Italia rurale e marinara, si trasferì qui già nel 2001. Dopo aver acquistato diverse attività, come la pensione Sirena (aperta insieme a Maurizio Cattelan, che però ha lasciato poco dopo) e un lido con chiringuito, ha quindi deciso, dopo le leggendarie esperienze milanese e romana, di aprire un nuovo spazio dedicato all’arte che fosse galleria e residenza artistica a cadenza mensile.
La galleria ha inaugurato nel 2022 con un’esposizione di foto del compianto Giovanni Gastel e una serie di dipinti del grande Peter Doig, entrambi legati all’isola, che hanno riscosso un buon successo e a cui è seguita una mostra dedicata ai designer inglesi Edward Barber e Jay Osgerby. Anche questa nuova esposizione Unimetaverso Spaziale è legata a Filicudi, sia come luogo chiave di Casoli sia come portale ideale verso una dimensione “altra”: “Di notte qui a Filicudi guardo il cielo e vedo l’universo, ho sempre avuto bisogno di percepire i miei 190 cm di altezza per rapportarmi con lo spazio che vedo, non mi serviva a niente ma mi aiutava. Oggi, con la comprensione che il metaverso spaziale è il buco, non ho bisogno di supporti”, dice Casoli.
Lucio Fontana e il metaverso a Filicudi
Affascinato dal cosmo e consapevole dei nuovi orizzonti prospettati dalle scoperte scientifiche del proprio tempo, Fontana ha investigato nella propria opera i concetti di materia, spazio, luce, vuoto: Unimetaverso Spaziale presenta, tramite un corpus di opere in ceramica, vetro, gesso, tela, e neon, la ricerca del maestro italo-argentino rivolta al superamento della seconda e terza dimensione. “Il buco di Fontana, quel gesto semplice di perforare una superficie e di arrivare all’uni-meta-verso. Come diventa attuale e contemporaneo per i prossimi secoli della storia dell’uomo”, scrive Casoli nel catalogo. “Ho sempre pensato che i Concetti Spaziali di Lucio Fontana rappresentassero una filosofia riconducibile alla vita classica – futura dell’uomo. Oggi invece magari un po’ spaventato perché impreparato, con le gambe che si stanno incamminando nel futuro del metaverso, tutto assume una valenza più precisa. Il buco, l’Attesa, la materia, i Teatrini, la Fine di Dio, le ellissi, il barocco, i titoli, i Neon sono ora riconducibili alla stessa visione. La visione del futuro che sta iniziando”, dice ancora Casoli. “La realizzazione del buco nel 1948 è l’inizio del pensiero spaziale. Il pensiero critico, da quegli anni fino ai giorni nostri ha evidenziato l’importanza dello spazio tra lo spettatore, la tela e lo spazio visivo che si era creato dietro al buco come tridimensionalità […] Abbiamo immaginato da sempre che il nostro sguardo penetrasse in quei buchi ed entrasse nel cosmo. Oggi a questa teoria, con lo sviluppo della tecnologia e l’arrivo del metaverso, una nuova definizione di spazio e di tridimensionale ci fa mutare la percezione del concetto spaziale. Direi meno fisica e ancora più filosofica. È proprio nel buco lo spazio che cerchiamo, non abbiamo bisogno di altro. Lo spazio virtuale. È questo che Lucio Fontana ha creato e ci ha mostrato dalla fine degli Anni ’40”.
Fonte: Giulia Giaume – Artribune