Dario Fo: 70 opere della Collezione Grassi alla Galleria Leonardo
Dario Fo: 70 opere della Collezione Grassi alla Galleria Leonardo
Merita davvero una visita la mostra di disegni e dipinti di Dario Fo – finora inediti – provenienti dalla Collezione Grassi. La rassegna, che si compone di settanta quadri completi di didascalie tecniche in italiano e inglese e ventiquattro pannelli narrativi, si può visitare fino all’11 settembre dalle ore 17,00 alle 23,00 nella bella sede di Galleria Leonardo, in Viale Anita Garibaldi 3, lungo la passeggiata di Cesenatico.
A curare la mostra è il giornalista e scrittore Fabio Grassi, che ha risposto alle nostre domande su questa importante rassegna e che ringraziamo per la generosa disponibilità.
Simone Fappanni (SF): “Da dove nasce l’idea di questa mostra?“
Fabio Grassi (FG): “Dario Fo e Franca Rame hanno vissuto, perlomeno durante tutte le estati dal 1962 al 2013, a Cesenatico, e per circa 30 anni, proprio a casa Grassi. Mi spiego. Mio padre Primo Grassi, sindaco di Cesenatico verso la fine degli anni Cinquanta, direttore dell’ente turistico dell’Emilia Romagna regionale e infine Presidente fino al 1992, fu la persona che lanciò il turismo sulla riviera romagnola, aveva tante idee vincenti e la sua formula era quella di avere tanti amici – e tanti giornali e televisioni che raccontassero la nostra innata capacità di ospitare.
La nostra casa era un porto di mare. Le nostre otto stanze da letto, d’estate, ospitavano giornalisti, musicisti, pittori e attori. E io finivo spesso a dormire in cantina. Lina Volonghi con Carlo Cattaneo, Ernesto Calindri (“quel dè carciofo” lo battezzò l’altra mia nonna, la Laurina), la Sandrina (Mondaini), Velia e Tinin Mantegazza, il mio maestro di ping pong Nicola Arigliano, Renato Sellani, 80 sigarette al giorno e i tasti del suo pianoforte tutti bruciati dalle braci e sporchi di cenere, i giornalisti sportivi Gianni Brera e Giampaolo Ormezzano (il giovane Biscardi soggiornava all’Hotel Internazionale di Giorgio Ghezzi), i quali insieme a Herrera, Bernardini ed altri partecipavano ogni anno a quel Processo al Calcio che mio padre Primo e il Conte Alberto Rognoni avevano inventato nel 1965. Nella stanza più grande, quella che dà sul canale, e per tutta l’estate, ci stavano Dario Fo e Franca Rame, fino a quando vollero comperare una casa a Sala, a 7 chilometri da noi.
Jacopo Fo, figlio di Dario e Franca, lo descrive così nel suo libro “Com’è essere figlio di Franca Rame e Dario Fo, edizioni Guanda, 2019
“I miei andarono per almeno due mesi d’estate a Cesenatico per sessant’anni di fila. Fu tutta colpa di Primo Grassi e di sua moglie Giovanna. Dopo essere stato sindaco, Primo si era messo a gestire l’Azienda Autonoma di Soggiorno, cioè promuoveva il turismo. Iniziò invitando a casa sua giornalisti e attori che gli piacevano. Primo e Giovanna erano degli ospiti squisiti e ci guidavano nei migliori ristoranti di pesce, gestiti da loro amici. Ci si sentiva a casa. Così Cesenatico diventò un luogo di incontro tra gente un po’ particolare dei media e dello spettacolo. Ma Primo voleva di più. Si inventò di chiudere un tratto di canale e metterci dei delfini. Li comperava dai pescatori quando restavano imprigionati tra le reti. Poi fece l’accordo con un delfinario statunitense dove viveva un delfino solitario. Nacque così l’idea di far sposare l’americano con un’italiana. Con tanto di aereo con piscina gonfiabile per trasportare il mammifero in Italia. Grande spazio sui media per l’amore delfino. Solo pochi anni fa Fabio, figlio di Primo e mio grande amico fin dalla nascita, mi ha confessato il più grande segreto della sua famiglia. Guardandomi con aria grave mi ha detto: “Jacopo, la verità è che la delfina di Cesenatico … era un maschio!” Sua moglie Susi ha portato la mano alla bocca in un gesto di stupore e sconcerto. I segreti di Cesenatico sono terribili…”.
A casa nostra Dario studiava, immaginava scenografie, musiche e costumi, poi – prima di andare in scena – disegnava, dipingeva: erano le sue “prove di regia”.
Dario Fo usava la pittura, il disegno, il segno grafico per presentare la sua idea ai compagni di scena, dalla scrittura di un testo, alle musiche, ai costumi, alla regia, alla coreografia, alle luci, traduceva le sue idee in un disegno.
Dario aveva iniziato negli anni Quaranta a frequentare l’Accademia di Brera, e questo gli era servito molto nel momento in cui, nel 1950, decise di …cambiar mestiere.
Per me Dario e Franca sono stati come i parenti stretti, Franca sicuramente una zia, una seconda madre, mi ha aiutato davvero a crescere.
Di tutti i quadri che gli amici di mio padre ci hanno regalato, e solo per citarne alcuni ricordo Alberto Sughi, Luciano Caldari, Tono Zancanaro e Ernesto Treccani, quelli di Dario per me sono i più belli, anche perché so quando e perché li ha realizzati, legandoli a fatti realmente accaduti, dagli scandali alle speculazioni, dalla chiusura dei manicomi al golpe cileno, allo sviluppo della “macchina teatrale” greca, tutti temi che poi lui ha portato sul palcoscenico.
Un caro amico scrittore, giornalista, grande musicista e ottimo comunicatore, Giovanni Scafoglio, un giorno di due anni fa, sotto lockdown, vide questi quadri, e mi invitò a scrivere un libro che intitolammo : “Dario Fo, il Maestro dei Pennelli – Come il Premio Nobel dipingeva il suo teatro” (Randagio Edizioni, maggio 2022).”
SF: “Quali temi, a Suo parere, sono centrali nelle opere di Fo?”
FG: “I temi più importanti, centrali, delle opere di Dario che io ho gelosamente conservato, sono sicuramente quelli legati alla “Morte accidentale di un anarchico”, vale a dire il volo di Giuseppe Pinelli dalla finestra della questura di Milano, l’intera opera di Mistero Buffo della quale detengo il primo programma dello spettacolo (Sestri Levante 1969) acquerellato da Dario in copertina, e i 10 quadri legati all’opera del 1964 “Settimo ruba un po’ meno” uno spettacolo che anticipò di pochi anni la grande battaglia che Franca Rame e Franco Basaglia iniziarono a favore della chiusura dei manicomi. La Legge Basaglia, infatti, è del 1978, e sancì la chiusura di queste strutture dove i pazienti venivano (mal)trattati.
Ma tutta l‘opera e tutti gli spettacoli scritti e messi in scena da Dario e Franca sono stati importanti e non solo per me, ma per la nostra società”.
SF: “Come sono stati scelti i dipinti?”
FG: “La scelta delle opere pittoriche realizzate da Dario Fo a casa mia, e a noi regalate, segue un ordine cronologico. Dal 1964 con Settimo ruba un po’ meno” fino al 2013 quando morì mio padre Primo. In quella triste occasione Dario lo volle ricordare dipingendo un delfino che schizza fuori dalle acque del mare, dedicandoglielo con queste parole: “Uscire dalla normalità – A Primo”.
Grassi ha inoltre realizzato, come si legge nel comunicato stampa, in collaborazione con il Comune di Cesenatico, il “volume di 188 pagine edito da Giovanni Scafoglio per Il Randagio Edizioni “Dario Fo – Il Maestro dei Pennelli – Come il Premio Nobel dipingeva il suo teatro”, che contiene racconti, aneddoti e ricordi legati alla presenza di Dario Fo e Franca Rame a Cesenatico, tra gli anni ’60 e il 2016 e presentato il mese scorso al Palazzo del Turismo di Cesenatico.
Il libro, presente alla XXXIV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino del maggio scorso, e in vendita in sala mostra a Cesenatico a un prezzo speciale riservato ai visitatori, contiene scatti fotografici di altissima qualità e stampati su carte di pregio, che hanno permesso una riproduzione fedele dei dipinti, dei disegni che Dario Fo regalò, negli anni, al padre di Fabio, Primo Grassi, ed ora finalmente esposti alla Galleria Leonardo.
La mostra segue naturalmente il percorso contenuto nel libro scritto da Fabio Grassi, ed espone le opere pittoriche, una settantina circa, tutte finora inedite, che il Premio Nobel per la Letteratura 1997 realizzò a Casa Grassi, dove fu ospite per diversi anni, prima di andare in scena con un nuovo spettacolo, quasi fossero prove di regia.
Le opere in esposizione accompagnano il visitatore alla scoperta di trame teatrali, racconti di lotte operaie, bombe e stragi di stato, difesa dei deboli e degli oppressi, opere rossiniane, il Cile di Salvador Allende e di Victor Jara, la morte “accidentale” di Pinelli e tanto altro: sia la trama del libro sia il percorso espositivo illustrano alcune delle battaglie sociali e politiche condotte da Dario Fo e Franca Rame attraverso il loro teatro politico con ironia e determinazione.
Oltre ai quadri, anche teche contenenti due opere particolari che Dario Fo dipinse a Casa Grassi: si tratta di due “teglie” di terracotta che raffigurano “La vera storia di Ravenna” e una Donna etrusca. Completano la mostra il primo programma di Mistero Buffo acquerellato in copertina da Fo, i francobolli emessi dalla Zecca svedese per onorare il Premio Nobel per la Letteratura conferito a Dario Fo nel 1997, uno striscione risalente a oltre 40 anni fa dipinto dal Maestro in occasione di un pubblico dibattito tenuto al Palazzo del Turismo di Cesenatico e un monitor che mostrerà i filmati e le immagini appartenenti ai contenuti multimediali inseriti nel libro stesso”.
Articolo di Simone Fappanni – artslineblog.com