Mercato
L’arte? Non è più un affare (solo) per collezionisti: ora lo consigliano anche i wealth manager
L’arte? Non è più un affare (solo) per collezionisti: ora lo consigliano anche i wealth manager
Il «peso» finanziario è il secondo fattore, dopo quello emotivo, che guida un collezionista nell’acquisto di opere. E le grandi maison creano fondi e servizi per operatori e clienti
La tenuta del mercato dell’arte

L’antico detto «al cuor non si comanda» sembra essere in parte disatteso dal comparto dei cosiddetti beni rifugio o alternativi. O almeno, questo è ciò che sembra stia accadendo nelle tendenze del mercato attuale. Come tutti gli investimenti che includono un valore emotivo, oltre che economico, quello in opere d’arte presenta all’apparenza aspetti che lo separano da una tradizionale operazione finanziaria. Eppure negli ultimi anni è sempre più presente la necessità di un’analisi prettamente quantitativa, basata su statistiche, andamenti e previsioni future. Non è detto che sia necessariamente uno svantaggio, anzi. Infatti, nonostante la sua natura sentimentale, l’arte è una asset class sempre più affidabile. Secondo l’Index for fine Art di Artnet, malgrado l’inflazione e i tassi di interesse in aumento dal 2022, in questi mesi l’arte ha sofferto meno di altri settori. Questo dimostra la sua capacità di essere un investimento in grado di tutelare il patrimonio in tempi incerti. Soprattutto se si tratta di opere blue chip, le più costose, i lavori più rappresentativi degli artisti più importanti.
Fonte: Corriere.it